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venerdì 16 dicembre 2011

Fabio Fiume recensisce il concerto di Napoli (click to comment)


Marco Mengoni bella mostra di un talento multiface
di Fabio Fiume
MaTanta bravura concentrata in un ragazzone alto oltre un metro e ottanta, ma magrissimo, che quasi ti sembra spezzarsi mentre si contorce sul palco; quel palco che, solo dopo che lo si è visto esibirsi, ci si rende conto che è il suo habitat naturale. Questo è Marco Mengoni, poliedrico talento che dinanzi a circa 4000 persone, per la tappa campana del suo "Solo 2.0 tour", tenutasi al Palapartenope, ha dato prova di istrionicità, primeggiando nel canto, dove la sua estensione forse non ha pari tra i colleghi, ma anche nel ballo, divenendo parte integrante delle coreografie curate per l'occasione dal noto ballerino e coreografo Silvio Oddi, e nella recitazione dimostrata sia con delle preregistrazioni mimiche proiettate sui led, che in alcuni, carinissimi, momenti di colloquio con i fans. E Marco piace al pubblico ( prettamente ragazzine urlanti ), forse proprio per quella ambiguità che fa tanto star internazionale, con cui alterna senza difficoltà, movimenti pelvici da maschio latino, al ritmo delle sue canzoni, a quelli efebici, sinuosi e che ammiccano all'altra metà del cielo. Bello il palco, con finestre aperte nella scenografia, da cui compaiono mostri e fantasmi e giochi di luce curati, che sanno di musical horror made in London.
Marco è a suo agio per due ore di show, (più variopinto bis di cover in cui si spazia da "I can stand the rain" di Ann Peebles, ma più conosciuta nella versione di Tina Turner, a Moby, fino a "The rhythm of the night" di Corona, che altri non era che la nostra Jenny B ) cantando senza alcuna difficoltà le sue impervie canzoni e forse è li, l'unico tasto dolente; il repertorio al momento è ancora debole e conta di sole 6 hits, per due album più un ep, ed anche se le fans accalorate conoscono a sufficienza pure i brani minori dei suddetti lavori, chi non vive a pane e Mengoni propriamente, va in difficoltà nel sorbirsi troppe canzoni sconosciute in un unico momento. Con intelligenza Marco dissemina però le poche hits nella scaletta e strappa visibilio quando la sua "Stanco", viene introdotta sulle note di "I feel love" di Donna Summer o come quando riesegue "Psycho killer" dei Talking Heads che ne aveva già lustrato l'aura durante il vittorioso X Factor. Il tutto condito in una roboante festa rock; tutte, ma proprio tutte le tracce, compresa l'attesissima "Credimi ancora", vengono riarrangiate e proposte come se si fosse pronti per partecipare ad una nuova Woodstock. Solo le ballads "Tanto il resto cambia" e "In un giorno qualunque" vengono riproposte in original version, così come la finale "Solo", che noi si giudica veramente un gran pezzo, seppur poco apprezzato dalle radio, e che trova nella dimensione live coreografata un' eccezionale forza d'impatto. Difficilmente ad oggi si può pensare a Mengoni come un talento di passaggio; più facile, dopo averlo visto live, pensare che la sua forza crescerà ancora con l'arricchirsi del repertorio e magari con la collaborazione di qualche autore importante.

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