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sabato 21 febbraio 2015

di Marghe Laurenti 

...Ogni vibrazione che i tre artisti creano è un nuovo momento che in quei quadri si rispecchia e vola via...

Da sinistra: Serafino Tedesi, Marco Mengoni, Gianluca Ballarin.Foto dalla pagina facebook di Marco Mengoni
 
Se un luogo fosse uguale all'altro, se ogni gesto artistico vivesse solo per se stesso, all'interno del proprio universo, allora tutti gli eventi lascerebbero la stessa traccia. 

I musei, come i teatri e i templi religiosi, sono luoghi a parte rispetto alla vita di ogni giorno. Chi vi entra cambia modalità interiore, parla a voce più bassa, respira con lo sguardo un senso di grandezza e si sente pronto ad accogliere ciò che gli verrà offerto. 
E soprattutto avverte, percepisce le migliaia e migliaia di persone che in quel luogo hanno dato al proprio cuore la possibilità di arricchirsi. 

Lo scorso 14 febbraio Marco Mengoni ha cantato C'è Tempo di Ivano Fossati in una sala della Pinacoteca di Brera, precisamente quella in cui molti quadri di Hayez, tra cui il famosissimo “Bacio”, galleggiano come isole preziose nella tonalità azzurra delle pareti. 
Tre strumenti - un violino, un pianoforte e la voce umana - realizzano un'opera invisibile nel regno del visibile, vestono il tempo di movimento, là dove la dimensione temporale sembra non contare più. Eppure il pezzo parla proprio di lui, il grande assente. 


«Dicono che c'è un tempo per seminare...» è un inizio solenne (il riferimento è addirittura la Sacra Scrittura), ma anche disteso e sereno, come il primo passo di una lunga passeggiata. 

E di lui si parla in tutto il brano: di tempo notturno e diurno, di tempo facile e difficile, di tempo battagliero, di tempo magico, di tempo da soli e di tempo insieme. 

L'aria intorno ai musicisti prende vita ed il suono sembra entrare e perdersi tra le mura dell'antico castello in cui i due innamorati si baciano eternamente, sembra sfiorare dolcemente il giglio e la pelle marmorea della fanciulla bruna di “Pensiero malinconico” per poi fare l'occhiolino all'espressione benevola di Alessandro Manzoni. E via via animare gli altri quadri e le statue della sala, fino a volteggiare libero nel museo. 

Ogni vibrazione che i tre artisti creano è un nuovo momento che in quei quadri si rispecchia e vola via. L'umanità, la “Fiumana” di Pellizza da Volpedo, nel brano è «quel mare infinito di gente» che continua a camminare, che crede e che vuole un avvenire migliore. 

Tutti i volti e i passi delle persone che in quella sala hanno sostato, hanno guardato e hanno pensato a cosa li divide e cosa invece li unisce a quelle figure dipinte vibrano nella musica

La voce di Mengoni è la linea che dà forma ai pensieri, che evoca le emozioni dell'autore, parole scritte da un altro, sì, ma a cui sa di poter dare molto di se stesso. 
Così, quando le parole sono finite, anche lui si trasforma in strumento e si unisce, come in una treccia finemente dipinta, agli altri due in un finale che è come un tramonto. 

No, non tutti i luoghi sono uguali. Ognuno ha la propria risonanza che rende ancor più ricca la qualità della musica che sta ospitando. Difficile, sicuramente, sarà trovare un accordo così perfetto come è avvenuto in questa esecuzione di C'è Tempo nel suo speciale, sontuoso teatro.

 
read more "Un tempo da sognare"

lunedì 16 febbraio 2015

di Emilia Gatti

«C'è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare». Parole preziosissime di Ivano Fossati cui Marco Mengoni ha dato una profondità infinita. Parole che ci sollecitano pensieri in libertà. 

Marco Mengoni canta C'è Tempo di Ivano Fossati alla Pinacoteca di Brera. Foto dalla pagina facebook dell'artista

Perché chi ha seminato attenderà paziente, chi non ha seminato, e nulla ha da aspettare, allora sì, cercherà di riempire questa attesa come si fa con uno spazio vuoto, con un sacco dentro cui cacciare ogni sorta di inutile ammennicolo. Che sia musicale o no. 

Due anni lontano dai riflettori - da quanto ci azzardiamo a presupporre (le nostre, sia ben chiaro, sono tutte ipotesi, pensieri in libertà, appunto) - sono stati per Marco un lungo periodo di semina. Il primo germoglio che abbiamo potuto ammirare è stato Guerriero. L'albero, il primo di due, è stato Parole in Circolo

In un tempo così veloce, due anni di silenzio sono un'eternità. Ha atteso a lungo. Ha seminato e poi è rimasto lì, a prendersi cura del suo giardino. Un giardino in cui crescono parole e note, un giardino che va innaffiato, nutrito, curato con passione. Un amore che non è mai certo del risultato, perché quello - alla fine - arriverà solo dopo l'esposizione al pubblico di quanto si è creato. E in quel momento, di questo c'è assoluta certezza, non ci sarà più tempo per rimediare. 

Tempo. Parola mistica. Il tempo esiste a prescindere da ogni cosa. Il tempo si prende, si perde, si occupa, si spreca. Il tempo si condivide e si risparmia, si tiene e si lascia. Certo, il tempo non torna. E non perdona. 
Essere padroni del proprio tempo è la ricchezza più ambita, e saper usare il proprio tempo mette al riparo da rimorsi e amarezze. 

Il tempo, per chi è timido, è un amico-nemico. Perché lo si vede scorrere e non sempre si riesce ad acchiapparlo in quell'istante che è giusto, preciso, l'unico possibile. 
Per chi è riservato, è una cosa ancora più seria e temibile, perché chi pensa tanto trova sempre il tempo per riflettersi da qualche parte, guardarsi, vedersi, giudicarsi

Sul tempo Mengoni ha detto tutto quello che si poteva dire. Tempo come Vita nelle parole di Fossati. E su questa interpretazione non c'è bisogno di impiegare neppure un secondo per raccontarla, ché è stata così tanto semplicemente perfetta che ogni parola sarebbe uno spreco. 

Tempo invece bisogna concederlo alla necessità di comprendere quel tempo che il musicista ha impiegato a seminare. Quello dedicato a tracciare la strada del futuro, il tempo sognato di domani che bisogna sognare oggi per poter costruire. 

È il tempo di Marco Mengoni
È il suo tempo, e oggi più che mai sarà pieno di quello che lui vorrà, di quello che sente, di quello che batte dentro il suo petto. 

Sua la semina, suo il raccolto. In questo tempo mediocre si potrebbe anche restare confusi e abbagliati da un mutamento così radicale, proprio come lo è quello che trasforma un germoglio in albero possente. 

È una rivoluzione, con i suoi estimatori, i detrattori, difese appassionate e inquisizioni cieche. Ma è una rivoluzione

«Eppur si muove» disse Galileo per sovvertire l'ordine (sbagliato) delle cose. 
E ci è voluto un intero futuro per comprendere quanto coraggioso fosse quel passato inquisito.
read more "È tempo di futuro"