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venerdì 27 maggio 2016

di M LaMarghe Laurenti 



Alla fine resta lei a brillare sulle antiche pietre, appena velata da nuvole di passaggio. Piena, che muove il sangue e allunga le maree.

Sembra tornata a riprendersi il Guerriero che aveva accompagnato sulla Terra giusto un mese prima, allora appena calante, con la promessa di aprirgli nuovi territori e illuminare altri orizzonti per il suo cammino. Non prima, però, che il Guerriero abbia salutato chi crede in lui, promettendo di non abbandonarlo mai e vegliare sul suo destino.


Non si può che iniziare da questa immagine finale della prima parte del MengoniLive2016, tanta è la potenza evocativa che questo show ha raggiunto.Un susseguirsi di sold-out dalle Alpi all'Etna, recensioni stellari, pubblico di ogni età entusiasta, supporto tecnico e logistico di prima categoria sono le caratteristiche di uno spettacolo che centra ogni suo obbiettivo. Quando Marco Mengoni, dopo la suggestiva Ti Ho Voluto Bene Veramente (che introduce subito il tema del viaggio) apre il dialogo salutando il pubblico e ringraziandolo per aver scelto di passare la serata con lui, si attua subito quella straordinaria empatia che è una delle caratteristiche speciali dell'artista.

La prima parte (dal vivo) della seconda parte (del lavoro in studio) a conclusione di un album doppio, ma separato da quasi un anno nelle sue uscite. Lo spettacolo “definitivo”, ma già pieno di premesse (e promesse) per il futuro. E ancora, la title track del primo disco appare però nel secondo, mentre quella del secondo (per ora) non è in scaletta... tutto si realizza con fluidità, in modo circolare e sincronico nel mondo musicale di Mengoni, artista che come pochi altri ha trovato la strada giusta per rendere il pubblico testimone di un continuo processo creativo.

Sappiamo dalle interviste che il debutto di questo Live è stato segnato da mille idee e ripensamenti del suo protagonista, sia in campo musicale (e il bravissimo Gianluca Ballarin viene abbondantemente ringraziato per la sua pazienza oltre che per la sua professionalità) che scenografico: una produzione ai massimi livelli sia per la tecnologia degli schermi danzanti e cangianti, che per la complessa logistica delle macchine di scena.

Su una cosa Mengoni non transige (si fa per dire, data la meticolosità dei suoi interventi in tutti gli aspetti dello spettacolo): il contatto diretto e più “umano” possibile con il pubblico. Questo è per lui un fattore fondamentale non solo per la riuscita del concerto, ma proprio per il senso interiore del suo stare sul palcoscenico.

Che siano megapalazzetti (come Assago, Torino o Roma), strutture di grandezza intermedia o tascabile, come quello di Perugia, Marco vuole e riesce a guardare le persone in faccia e, anche solo per un istante, essere parte della loro storia. Ecco perché anche in cima alla più ripida tribuna c'è un signore che batte il tempo, o in fondo al parterre c'è un bambino che balla scatenato. Il coinvolgimento del pubblico è totale: si canta, si partecipa alle coreografie luminose grazie alla app dell'artista, si agitano cartelli e bandiere. Non si assiste, si fa.

Quando poi per le ultime due date si approda all'Arena di Verona, luogo mitico e mistico per la Musica - senza altre etichette-, la voglia di Mengoni di darsi, di esserci proprio per tutti è tale da provocare fuochi d'artificio di energia emotiva, sorrisi e lacrime intensi come solo un grande Teatro può ispirare.

Una menzione speciale in tutto questo merita l'eccellente controllo del suono da parte di Alberto Butturini: non c'è stata data in cui non si sentisse meno che bene e in cui ogni sfumatura tonale non venisse esaltata. Se gli assoli tesi di Alessandro De Crescenzo (chitarra rock) arrivavano diretti e “spianati” con la giusta grinta ma senza sbavature, e gli arpeggi delicati o le invenzioni jazzate di Peter Cornacchia (chitarre acustiche e quant'altro) avevano rotondità ed eleganza, era per merito suo.

Se i due compari alla ritmica (Giovanni Pallotti al basso e Davide Sollazzi alla batteria, sperimentale l'uno e solido l'altro) potevano interagire nel modo migliore, e se la brillantezza dei fiati - Francesco Minutello, tromba; Federico Pierantoni, trombone; Mattia dalla Pozza, sax - inizialmente più discreti e disciplinati e poi via via nel tour sempre più protagonisti, se la geniale architettura delle tastiere di Ballarin e le tessiture eleganti delle vocalist Barbara Comi e Yvonne Park potevano arrivare al pubblico con calore e nitidezza, lo dobbiamo alla magia del suo mixer.

Tutto importante, tutto “essenziale” per dare a Marco Mengoni la possibilità di fare del “suo” concerto un mondo a parte, un paio d'ore in cui “gli sbagli del mondo” restano lontani, non ignorati, ma immobilizzati dalla “gentilezza” che l'artista di Ronciglione invita ad usare sempre di più nella vita di tutti i giorni.

Gentilezza, eleganza... quante parole “antiche” evoca con il suo modo di essere artista! Proviamo ad usarne una ancora più antica: “signorilità”. Che non significa solo gusto e raffinatezza, ma un modo di essere insieme spontaneo e sempre attento ai particolari.

E quante cose attuali troviamo invece nel suo modo di fare musica! Quella capacità di prendere una certa strada e poi voltare l'angolo improvvisamente, la voglia di contaminare suoni e atmosfere, il desiderio di far germogliare la curiosità per qualcosa di nuovo nell'ascoltatore. Sembra dire a tutti, indistintamente: “Guarda, questo pezzo si può cantare così, ma anche così e poi così”.

Mengoni fa crescere il suo pubblico insieme con lui, lo rende partecipe delle sue scoperte e lo rende complice mai passivo dei suoi entusiasmi.

Il dominio del suo mezzo vocale è assoluto e gli permette di dare ad ogni nota l'esatta sfumatura che lui desidera. Che siano acuti potenti o tenui sussuri, non c'è nulla che non esprima la sua volontà in quell'esatto momento. Inoltre, in linea con il tema del suo ultimo lavoro, si avverte la cura con cui le parole vengono cesellate. Il testo è una nuova forma di suono con cui Marco gioca e si misura, scolpendo in modo ancora più netto ogni emozione in esso racchiusa.

Suono, accordo, testo, arrangiamento: nulla è considerato minore, tutto ha un ruolo di primo piano per lui.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: chi si accosta a Marco dal vivo per la prima volta non vede l'ora di tornare ad un suo concerto, a chi lo amava da prima non resta che ampliare la collezione di biglietti.

Il MengoniLive2016 appena terminato sta già cambiando pelle per girare in Europa. Ogni volta sarà una sorpresa, ogni concerto un nuovo momento di emozione per l'artista ed il suo pubblico.

Ma abbiamo lasciato la luna in attesa del Guerriero, che alla fine dell'ultimo concerto, durante il bis, si concede di scivolare in un piccolo guizzo di improvvisazioni, una capriola nel suo oceano primordiale, un sorriso di musica nella notte, prima di riprendere la sua strada.

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