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domenica 23 ottobre 2016


- di Marghe  Laurenti -





Capitolo finale. Con queste parole Marco Mengoni conclude il video del singolo Sai Che, uscito venerdi 14 ottobre e balzato subito in vetta alle classifiche audio e video in Italia e anche in alcuni paesi europei.
Parole e colori, i tre fondamentali e i tre composti che erano la cifra grafica dei due album (Parole In Circolo e Le Cose Che Non Ho) che a loro volta hanno costituito il progetto dell'artista negli ultimi due anni.


Il video inizia con un fade-in e termina con un fade-out  entrambi molto delicati, le immagini sembrano emergere dal buio dell'interiorità, e poi svaniscono in un vento che potrebbe portarle – chissà – alla persona che ha ispirato la canzone.

Già questi elementi non strettamente musicali hanno un carattere ben preciso e confermano la volontà di Mengoni di porgere un brano come un gesto artistico multiforme, con colori, suoni, testo scritto, immagini, atmosfere profondamente connessi tra loro.


 
Capitolo finale, quindi, come un after-hour, un tocco conclusivo e necessario ad un lavoro di grande respiro, che si è dipanato nel tempo e nello spazio coi suoi live enusiasmanti e che, in qualche modo, non poteva semplicemente esaurirsi quando l'ultimo dei tecnici si accendeva una sigaretta.

È come se - dal debutto di Guerriero ad oggi – Marco avesse dato vita a un evento artistico unico e ininterrotto e voglia salutarci con questo “finale” malinconico, ma senza vera tristezza: finisce una vicenda e un'altra ne potrà iniziare.

Quello che rimane, solida e inattaccabile, è la sempre maggiore focalizzazione dello stile di Marco Mengoni: eleganza, cura estrema del particolare sonoro, uso della voce sempre più scolpito, quasi tagliente nella sua nitidezza, mix di acustico e di elettronico.
 

Sai Che non è né più né meno che una canzone d'amore, come da millenni se ne scrivono. Presenta, anzi, la più classica delle motivazioni amorose, quella di far tornare la persona amata ripercorrendo i momenti più belli della storia, riassaporandone ogni istante, facendola rivivere in modo da poterla riallacciare in futuro.

Questa “lettera in musica” si muove sul doppio binario della voce che canta su due ottave diverse: quella più bassa, intensa, evocativa, e quella più alta volatile, eterea, che si perde nel cielo dei paesaggi ricordati e rimpianti.

Marco qui realizza un vero uso “grafico” della voce: non c'è un punto della canzone in cui le due linee siano esattamente allo stesso volume.
All'inizio prevale la parte bassa dell'ottava, quella più dolente. Chiama il suo amore perduto e racconta come sia tornato nei luoghi in cui sono stati felici insieme: la parte più alta è come un'eco, un riverbero della felicità di allora. Poi torna alla realtà ed esprime chiaramente il suo dolore e la speranza che un giorno possano tornare insieme: la parte alta della voce viene avanti, è più solida, si materializza.
Marco disegna, dipinge, inquadra, usa lo sfuocato, zooma, taglia...insomma, crea continuamente portando chi ascolta esattamente al centro della vicenda, sperando e disperando insieme con lui.

La parte strumentale alterna a sua volta questi due momenti, di ricordo e di desiderio, di malinconia  e di urgenza di toccarsi e respirarsi di nuovo, attraverso la chitarra acustica ed il pianoforte inizialmente, che poi virano sull'elettrico mentre le percussioni e le tastiere elettroniche danno al brano il necessario spessore emotivo.
Il ritmo è esattamente quello di chi cammina perso nei propri pensieri: non veloce, ma continuo e sempre fluido.

Cosa ci dà Marco Mengoni con Sai Che? Cosa aggiunge alla ricca esperienza di Parole in Circolo, che non avesse ancora espresso completamente?
È molto semplice: un'altra bellissima canzone.

read more "Sai Che, un gesto artistico multiforme"