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domenica 19 febbraio 2012

Quel filo d'oro che unisce la terra al cielo


Fin dalla prima volta che lo abbiamo ascoltato, abbiamo sentito che in lui c'era qualcosa di diverso. Qualcosa che ci ha fatto ripensare a quel canto definito “il filo d'oro che unisce la terra al cielo”.
In effetti...





Che ti succede mentre canti?

E' come se ti annullassi, come se cadessi in un sonno profondo...poi ti risvegli e sei stremato, e non sai neanche perché. Finisce la musica ed è come se l'esorcista ti avesse levato il demone...
(Marco Mengoni, intervista a TG Ragazzi )

Queste parole potrebbero sembrare eccessive in bocca ad un artista giovanissimo che parla a dei ragazzi, ma la spontaneità con cui Marco descrive il potere che la musica ha su di lui ne garantisce la realtà.

Fino dai tempi più remoti, in ogni comunità è stato presente un personaggio particolare, che funge da tramite tra il mondo degli uomini e quello degli spiriti: lo sciamano. Egli raccoglie su di sé le vibrazioni dei suoi simili – malattia, amore, gioia, paura, vittoria – e li invia agli esseri superiori attraverso il canto, quello che viene definito “il filo d'oro che unisce la terra al cielo”.
Nel tempo le funzioni dello sciamano si sono poi divise tra quella religiosa, quella medica e quella musicale, e proprio in quest'ultimo campo esistono persone “speciali” che sembrano ricreare nei loro spettacoli quell'unità totale tra pubblico e artista.

La voce umana racchiude in sé tutte le vibrazioni del mondo che ci circonda e ci riporta attraverso il suono ad emozioni profonde che toccano la nostra parte più segreta. Per questo il canto non è mai mancato in ogni occasione importante che segna la vita di una comunità così come quella di un singolo individuo.

La voce di Marco Mengoni è speciale, lo afferma chiunque l'ascolti anche solo per un momento, che sia la giovanissima fan o un'artista come Mina – insieme a tanti altri suoi illustri colleghi. E' una voce che attraversa come un'onda il cervello e arriva al cuore creando una reazione forte, a volte incontrollabile. Di entusiasmo, di partecipazione, di comunione, si può dire, ma anche di squilibrio e finanche di rifiuto. Non tutti infatti accettano di abbandonarsi, lasciando che il cuore si scopra, si denudi quasi in mezzo a tanti altri cuori.

Quando Marco sale sul palco succede sempre “qualcosa”: non c'è esibizione identica ad un'altra così come non ci sono due fiori identici in mezzo ad un prato. Dopo qualche nota il pezzo assume caratteristiche diverse a seconda del pubblico che l'artista fronteggia. Lui scruta sempre negli occhi chi partecipa ad un suo concerto, percorre la sala con lo sguardo dalla prima fila all'ultimo posto in alto percependone il “clima” emotivo ed elaborandolo con quello che lui sta portando sul palco in quel momento. A quel punto si lascia andare alla sua musica interiore, che diventa quella di chi vive insieme con lui l'esperienza del concerto.

Non è qualcosa che si può “fare”o “cercare”: accade. E il pubblico sente uscire da sé quel filo d'oro che per una serata lo riporta in contatto con un mondo di sensazioni profonde, intense, vere.
(mlml)

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