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mercoledì 11 dicembre 2013

Consapevolmente artista


Marco Mengoni al Medimex - Foto di Marianna Minafra


Sapevamo che l'appuntamento al Medimex era qualcosa da non mancare. Sapevamo che l'incontro con Ernesto Assante sarebbe stato importante. Perché era il Medimex, il luogo in cui si incontra il futuro della musica (sia da un punto di vista tecnologico che “filosofico”); perché c'era Ernesto Assante, la voce più stimata della critica musicale italiana che certo non avrebbe fatto le solite domande; perché c'era Marco Mengoni, cui il Medimex non ha assegnato neanche uno straccio di premio, che ha fatto segnare il record di presenze in loco, ma anche il record di partecipazione sui social messi in campo dall'evento barese. 

Abbiamo dovuto aspettare un po', ma – lo sapevamo e ci contavamo – ecco che sono arrivati puntuali (e benedetti!) i video che hanno permesso a tutti di seguire l'incontro di domenica 8 dicembre (trovate tutti i link in fondo al post). Un'oretta scarsa di chiacchiere che invitiamo ad ascoltare come fosse musica. Perché è musica. Per le nostre orecchie, per il nostro cuore, per la nostra curiosità.

Domanda dopo domanda, ecco che Assante ci presenta il Marco Mengoni che pochissimi conoscono: quello “di tutti i giorni”, che svolge un lavoro quotidiano faticoso (quanto quello di tutti, più o meno, ma con qualche responsabilità in più) perché poi, una volta pubblicato un disco o quando si sale su un palco non si può più dire “questa è venuta male: rifacciamola”. 


Lavoro. Un lavoro che parte da lontano, come Marco ricorda. Una storia che ascoltiamo come un racconto a lieto fine. Quello che invece qui vogliamo sottolineare è un altro aspetto messo in luce dalle risposte concrete e oneste del musicista: la sua consapevolezza


Consapevolezza che non sembra affatto conquistata con l'età, ma che sembra esserci da sempre, fin da quegli anni giovanissimi (14/15 anni) in cui “temeva” la musica perché la sentiva importante, così tanto da non sentirsi pronto. Fino all'incontro con Gabriella Ferri, fino alle serate karaoke con gli amici, fino alle “noiose” lezioni di pianoforte e di chitarra. 


Consapevolezza che esplode durante lo stage di jazz (sempre lì, attorno ai 16 anni), frequentato «senza neanche conoscere Summertime», da cui la voglia di ascoltare le grandi voci come Aretha Franklin e Billie Holiday per poi restare folgorato dalla "collosità" della voce di David Bowie, che suona sporca e imperfetta. 


Consapevolezza di sé e dei limiti incardinati dalla timidezza, sconfitta pian piano con un lavoro da ragazzino, dietro il bancone di un bar prima, poi come aiuto in uno studio di registrazione. Consapevolezza dell'importanza delle tecnologie in un mondo che non può prescindere dall'usarle, e consapevolezza nell'affrontare una vita adulta lontano da casa. 


Consapevolezza che cresce insieme con l'età. «Non mi sentivo pronto così giovane ad affrontare un tema importante come quello del testo dell'Essenziale»
, dice. Con onestà, così come racconta del suo rapporto con la sua voce, strumento potentissimo, ma che cambia, si modifica, come accade in tutti gli adolescenti. «Avevo paura e mi accorgevo di strafare», racconta prima di confessare, con semplicità, «la mia voce è cambiata tantissimo quest'anno, ora forse non arrivo più al Mi bemolle (ma subito precisa: "forse a un Re, un Do") ma non ho più paura», perché sa cosa vuole, dove vuole andare e come farlo. 


Una consapevolezza che c'è da tempo, visto che gli sentiamo dire «in tutte le canzoni che ho cantato ci sono io, perché porto stronzamente tutti i pezzi – anche quelli non miei – verso un modus che è mio». Niente è preso per quello che è, dunque, ma tutto è lavorato, interiorizzato, “mengonizzato”. 


La consapevolezza è fatica. Fatica nel dover affrontare giornate di lavoro lunghissime in cui confrontarsi con lo staff («io disegno il vestito, poi ho bisogno dei miei sarti perché lo si possa cucire proprio come lo voglio»), così come accaduto con Morgan, lì nelle sale prove di XFactor, quando si discuteva su tutto, «come affrontare una parola, una frase, la linea di basso per riarrangiarlo».


Consapevolezza che si svela in tutta la sua reale possenza quando dice «il mio mondo musicale non è pop», confermando di sentire alcuni dei pezzi da lui cantati fin troppo stretti, ché il suo orizzonte è molto più largo di quanto abbiamo ascoltato e che sa benissimo quanto sia tortuosa la strada che lo porterà, con forza e credibilità, a raggiungere la musica che sente essere la sua (bellissimo il discorso tutto attorno al “compromesso”). 


Consapevolezza anche del suo “successo” (lo mettiamo tra virgolette solo per rispetto al protagonista, che sembra non aver ancora preso confidenza con il vocabolo), di fronte al quale dice di sentirsi a proprio agio: «è vero che sono timido, ma per fare questo mestiere ci vuole una bella dose di egocentrismo», lasciando intendere che lui lo è, e che gli piace il rapporto cordiale e rispettoso instaurato con i suoi estimatori.

Non stiamo qui ad annoiarvi con i dettagli tecnici che sono venuti fuori sulla costruzione di una canzone o sul lavoro che c'è dietro ogni singola rima cantata, e torniamo a Marco Mengoni, al giovane uomo di 25 anni – quasi – che ci fa scoppiare in una risata quando, alla domanda «Uscito da XFactor non ti è capitato di perdere la testa, trovandoti di fronte una folla di fan, rischiando di sentirti un dio?» risponde: «Per uno nato il 25 dicembre, dico, sentirsi un dio è più che lecito!». 


Timido ed egocentrico. Consapevolmente artista.


Medimex - Incontri d'Autore - Mengoni/Assante - parte 1
Medimex - Incontri d'Autore - Mengoni/Assante - parte 2
Medimex - Incontri d'Autore - Mengoni/Assante - parte 3
Medimex - Incontri d'Autore - Mengoni/Assante - parte 4
Medimex - Incontri d'Autore - Mengoni/Assante - parte 5
 


 

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