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martedì 28 maggio 2013

A Napoli, "i peccatori moriranno dannati, ma felici"!



Questa è la storia di una festa, la festa della condivisione, 
il leit motiv che ha accompagnato le due ore 
del concerto che Marco Mengoni ha tenuto al Teatro Augusteo 
di Napoli per il suo Essenziale Tour 2013


di Raffaella Sbrescia

Ancor prima che inizi il concerto il colpo d’occhio è già notevole: un tripudio di colori e palloncini formano uno spettacolare tricolore pronto ad accogliere Marco già sulle note di Pronto a correre. Il Teatro Augusteo è un catino infiammato, il sold out si fa sentire tutto e le urla dei fan in visibilio quasi superano tutto il resto. 

Mengoni, elegantissimo in Ferragamo, è in gran forma, la voce, rodata dalle prime tappe del tour, è calda, potente, arrivando a colorarsi di sfumature sempre nuove, introvabili altrove. 

Evitiamoci e Bellissimo precedono il suo primo parlato, Marco è a suo agio, felice, emozionato, e tra gag in dialetto ed una buffa mimica facciale traspare il suo animo di giovane innamorato della vita in tutti i suoi aspetti. Parlando dei nove led luminosi installati sul palco a fare da scenografia al suo spettacolo, Marco li descrive come antenne della condivisione, ripetendo questo termine più e più volte ed è qui che si racchiude il senso del suo percorso artistico. 

Di lui ognuno può chiaramente dire quello che vuole. E si può dire di tutto, tranne che ogni tappa della sua carriera non sia stata segnata dal forte, viscerale, simbiotico sostegno dei suoi fan che lui chiama esercito. Tutto il concerto è scandito dai suoi grazie, detti a parole, con lo sguardo, con la voce, con tutto il suo corpo. 

Le sue performances non sono solo vocali, sono fisiche e si vede. L’intensità di Non passerai e il battito di un cuore latitante, sul punto di scoppiare, della intro di un’indimenticabile L'equilibrista s’insinuano tra le impotenti fibre dei muscoli degli spettatori. I volti sorridono, gli occhi si bagnano, le braccia si rilassano e in un mondo che davvero cade a pezzi, è bello sentire di poter ancora trovare un’isola felice. 

Proprio così: Marco, per i suoi fan, è un’isola felice da vivere come meglio par loro. Tanti dei presenti al teatro lo sostengono fin dalle sue primissime apparizioni, ed avevano già assistito ad altre date di questo nuovissimo tour. Viene quindi spontaneo chiedersi perché volerlo risentire, ma la risposta è facile da trovare: Marco, con la sua voce, riesce a dare ogni volta risposte diverse, sensazioni diverse, emozioni diverse. Questo surreale meccanismo, simile ad una vera e propria magia, è ciò che farà di lui un divo internazionale, checché se ne voglia dire. 

Tornando al concerto, è il caso di spendere due parole sulla nuova, stravolta versione di Credimi ancora, inizialmente profumata di jazz, poi cosparsa di progressive rock, il tutto su una spiazzante piattaforma pop. Subito dopo, l’infuocata triade composta da Avessi un altro modo, Dall’inferno e I got the fear innesca l’incontrollabile scintilla che travolge il pubblico: il teatro è una bolgia infernale, i peccatori moriranno dannati ma felici e soprattutto sudati. 

Non c’è tempo per riprendere fiato, o forse sì, con il divertente siparietto mimato da Mengoni che racconta al suo pubblico la nascita della collaborazione con Ivano Fossati per Spari nel deserto

L’atmosfera ritorna intima e confidenziale con 20 sigarette e la Vita non ascolta, ma c’è spazio anche per l’ironia di Come ti senti a fare da intermezzo, prima che lo spettro vocale di Marco si mostri in tutta la sua luminosità - proprio come un prisma di colori - sulle note di Tonight e della suggestiva Valle dei re a seguire. 

Il pubblico è al top del coinvolgimento a tal punto che su Tanto il resto cambia la voce di Marco semplicemente fa da ricamo ad un coro cantato a squarciagola. 

Ancora vocalizzi per Un’altra botta, su cui Mengoni trasforma la sua vocalità a piacimento, personalizzandola e conferendole sonorità strumentali che lasciano gli spettatori affascinati e sorpresi al contempo. 

Il momento topico del concerto arriva con una devastante versione di In un giorno qualunque, quando Marco pare quasi volersi fondere con i suoi fan: «sempre di più, sempre di più, sempre più vicino» canta lui, senza avere più nulla da dire o da fare ché in effetti con questa canzone ha davvero detto tutto. 

Il teatro è in visibilio, in tutto e per tutto simile ad uno stadio, tant’è che parte, spontaneo, il coro tutto napoletano di O surdato 'nnammurato, subito accompagnato dalla band e dallo stesso Mengoni, divertito e complice. 

L’ultima trance del concerto parte con il rock di Non me ne accorgo e i doverosi ringraziamenti a Gianluca Ballarin (tastiere), Andrea Pollione (organo e synth), Giovanni Pallotti (basso), Davide Sollazzi (batteria), Peter Cornacchia (chitarra), Luca Colombo (direttore musicale e chitarrista) ai fonici di palco e al fonico di sala Alberto Butturini. 

Con L’essenziale, arriva la dedica personale ed il ringraziamento di Marco a tutto il suo pubblico, poi una fotografia dal passato con la strappalacrime Natale senza regali, infine lo sfogo liberatorio e volontariamente tamarro di Una parola per esorcizzare, con successo, il cinismo di una società che, in fondo, ha ancora voglia di sognare.

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