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lunedì 13 maggio 2013

Agli Arcimboldi una rivoluzione copernicana




... Marco è più che mai protagonista di questo gioco
di continua trasformazione... dove può forgiare e limare
a suo piacimento ciò che deve esprimere
la sua tensione emotiva...


Marco Mengoni agli Arcimboldi - ph. Liz Argenteri

Il concerto inaugurale dell'Essenziale Tour – o meglio della sua anteprima – si svolge in mezzo ai tronchi di una foresta tecnologica, nove torri metalliche ricoperte da led e sormontate ognuna da un riflettore girevole che, come una testa luminosa, sorveglia e controlla tutto ciò che la circonda. 

Le antenne della condivisione, come le definisce Marco Mengoni, si rivestono di luci in continuo mutamento e creano atmosfere, giocando sulle sfumature dei colori, o assumono forme geometriche che si inseguono in modo suggestivo, rafforzando il concetto base del movimento che percorre tutto lo spettacolo. 

Al contrario, Marco sta ben piantato al centro della scena e della musica, perno di tutto quanto prende vita e attraverso di lui si riversa sul pubblico. Da subito, infatti, l'artista chiama i presenti ad una collaborazione attiva al suo concerto, una collaborazione artistica e non solo emotiva: il pubblico sarà il coro, la base sulla quale lui potrà improvvisare, sarà la sua “sponda” ritmica e visiva, in continuo scambio con l'artista che si dichiara “pronto a correre con voi” per tutta la serata. 

Tra i tronchi – o colonne – così antichi e futuribili, si trovano i musicisti che accompagneranno Marco nel suo viaggio. Da un lato i tre fidatissimi coi quali egli è cresciuto artisticamente ed umanamente, e dall'altro i tre eccellenti professionisti che segnano con la loro presenza un progresso importante. Su tutti il chitarrista Luca Colombo che con i suoi arrangiamenti ha impresso a tutta la parte musicale una grande raffinatezza senza mai perdere di grinta e tensione. 

La sorprendente introduzione swing per una rinnovata Credimi Ancora, che poi torna al massiccio rock originale, una Solo onirica e di struggente, psichedelica impalpabilità, una splendida L'Equilibrista che arriva al cuore con semplicità e forza sono il risultato della sua rivisitazione. 

E, naturalmente, la voce. Marco la tiene molto più vicina al parlato, come se non volesse più stupire, ma narrare attraverso il suono e l'espressività quotidiana di frasi che si distaccano a sorpresa dal testo originale. E nello stesso tempo un continuo input musicale fatto di improvvisazioni – a volte brevissime e quasi spiazzanti – in cui la voce sostituisce i fiati ma anche le percussioni o gli strumenti a corda, testi che si comprimono ritmicamente diventando bolle di rap, armonizzazioni inattese sul canto del pubblico che, sia del vecchio che del nuovo repertorio, sa già tutto a memoria. 

L'esplorazione di Mengoni nel campo della voce cambia punti di interesse ed egli arriva ad usarla come un mezzo, un utensile per scomporre e ricomporre la realtà. Le canzoni, così come le conosciamo, sono punti di partenza che, a volte inavvertitamente, a volte in modo più evidente, vengono rinnovate: dove era un vocalizzo ora si sente la rotondità di una nota tenuta, dove era un acuto ora ci accarezza un sussurro, dove c'era un semplice intervallo ora trova posto tutta una scala. Marco è più che mai protagonista di questo gioco di continua trasformazione, perché si muove in un repertorio completamente suo al quale non teme di portare forzature interpretative, e dove può forgiare e limare a suo piacimento ciò che deve esprimere la sua tensione emotiva. 

Così sia i brani di #prontoacorrere – dai più lineari ai più innovativi – che quelli già noti (tra cui è inclusa, non senza malizia, una divertentissima Come Ti Senti) acquistano sfumature diverse, come immagini di uno stesso oggetto visto da diverse angolazioni. 

Una gestualità molto controllata completa questa “rivoluzione copernicana” di Marco Mengoni, che sfida se stesso proprio su quelle che erano considerate le sue caratteristiche salienti: vocalità sfavillante e gestualità istintiva e scatenata. Sembra quasi che l'artista abbia spiccato la sua corsa verso il lato opposto di tutto quello che aveva mostrato finora per trovare la maniera di “abitare” il suo talento in modo diverso. 

Ma non è detto che col procedere del tour lo yin e lo yang, il rocker e il cantautore, l'elegante chansonnier e l'irrefrenabile venticinquenne non trovino il modo di alternarsi e giocare sul palco una partita ancora più esaltante sia per Marco stesso che per il suo pubblico. (mlml)


Il pubblico degli Arcimboldi - foto tratta dalla pagina facebook ufficiale di Marco Mengoni

Il suo pubblico. Scritto così, sembra un “essere vivente” a parte. Ma così non è. A dire il vero, non lo è mai stato, ma al Teatro degli Arcimboldi il 50% al di là del palco ha subito una trasformazione, come se si fosse evoluto in qualcosa di “altro”, di diverso. Diverso come lo è stato il modo con cui Marco lo ha guardato, lo ha voluto: non più partner dello spettacolo, ma spettacolo in sé per lui che guarda, che dirige, che crea la magia sul palcoscenico momento dopo momento. 

In platea – e su fino agli ultimi posti – ci si emozionava, si sorrideva o ci si inteneriva proprio come accadeva sul palco, in un continuo, lungo, ininterrotto scambio di informazioni emotive

Tutti (quando succedono queste piccole magie lo si avverte senza tema di sbagliarsi), tutti hanno sentito di non essere più singoli spettatori delimitati dalla propria poltroncina, dal proprio numero di posto e di fila. Tutti erano UNO. UNO con Marco e con la sua musica, e qualunque cosa fosse passata su quel palco – da una mandria di elefanti fino a uno stormo di colombi bianchi – non se ne sarebbe accorto nessuno. 

Perché tutti seguivano lui, come se si fosse (o lo si era per davvero?) parte integrante e indispensabile dello spettacolo e della musica. 

Energia. Questo è quello che è stato il pubblico agli Arcimboldi. Energia pura e gioiosa, cantata dalla prima all'ultima nota dell'intera scaletta, diventando ora ritornello, ora controcanto, coro... ma anche base sulla quale Marco ha potuto distendere le sue variazioni. 

“L'Esercito è sempre con te” recitava il cartello alzato da tutte le 2346 persone presenti (si parla infatti di soldout effettivo). Marco, prima ancora di leggerlo, lo ha sentito. 

E quando cantano all'unisono 2347 persone, per oltre due ore, non è più il caos: è un inno che dà il benvenuto alla nascita di una nuova stella danzante. (eg)

 

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