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domenica 17 maggio 2015

Il viaggio nella musica del MengoniLive2015

di M La Marghe Laurenti

Marco Mengoni on stage. Foto tratta dal profilo instagram ufficiale @mengonimarcoofficial

Dire che Marco Mengoni è bravo è come dire che il sole splende. Anche il più accanito dei suoi detrattori della prima ora non ha mai potuto negarlo. Sappiamo, anzi, che un “eccesso di bravura” è stato il motivo di rifiuto da parte di alcuni discografici troppo impegnati alla ricerca di giovani che rispecchiassero lo “stile del momento”.
Anche dire “quanto” è bravo sta diventando inutile. Nei concerti del suo Live 2015 è riuscito a coinvolgere – e sconvolgere – pubblico e critica che ora procedono felicemente a braccetto come era giusto che accadesse.


Dire “come” è bravo invece lascia ancora qualche margine.
Con Mengoni la parola talento ha ritrovato la sua dignità. Indica dote, qualità, ma anche rarità. Indica qualcosa di eccezionale rispetto alla media, una caratteristica innata, ma che può essere sviluppata e raffinata quasi all'infinito. Un purosangue che corre velocissimo non ha talento, segue la sua natura. Il talento è quello del fantino che sa come e quando amministrare le doti dell'animale.
Il nostro musicista nel 2013 ha scelto il titolo Pronto a Correre per il suo secondo disco (i precendenti Marco e Re Matto –2009 e 2010- sono solo EP, mentre il primo album Solo 2.0 è del  2011, nda), ovvero quando si è sentito capace di esprimersi dosando sapientemente tutte le sue qualità artistiche.

Nel live 2015 che segue l'uscita del primo capitolo del progetto Parole in Circolo, Marco offre al pubblico una grande serata sotto tutti i punti di vista: musicale, emozionale, visivo e di partecipazione. Affiancato da musicisti non solo eccellenti tecnicamente, ma in perfetta sintonia con la sua eclettica personalità, l'artista può volare a piacimento attraverso i diversi momenti che formano il concerto e  sviluppare la tavolozza che ha deciso di usare.


Il palco è ampio quanto un tour nei palazzetti richiede («quanto la casa dei miei sogni», ha candidamente ammesso il cantautore).  All'occhio si presenta occupato solo dalla strumentazione che verrà utilizzata, fra cui spicca un pianoforte classico a mezzacoda circondato da una fitta prole di tastiere di vario genere.
È stato lo stesso Mengoni a disegnarlo – e a modificarlo poche settimane prima del debutto – calibrando attentamente ogni spazio a seconda dei passi che avrebbe eseguito sui vari brani: gradini, scivoli, passerella, botola, piattaforme rivelano la loro presenza solo quando l'artista vi si muove con la sicurezza di chi ne conosce ogni centimetro. Ma dato che la bidimensionalità non gli appartiene, sulla parete frontale si erge un enorme vidiwall all'interno del quale trovano spazio tre megaschermi che alterneranno momenti del live a racconti di grafica, filmati e cartoons sempre a firma del poliedrico musicista.
Completa l'allestimento un impressionante assortimento di luci che in un istante trasformano la scena da un coloratissimo sogno stile Magical Mistery Tour beatlesiano ad uno struggente bianco e nero in cui rivivono atmosfere cinéphile, passando per una discoteca newyorchese anni '80 per poi lasciare spazio ad un semplice occhio di bue in perfetto stile teatrale.


Ma a Mengoni persino le tre dimensioni non bastano. Se ne può aggiungere una quarta, una quinta... si può volare per essere al centro di un'esplosione di parole importanti, si può coinvolgere il pubblico attraverso i cellulari e creare coreografie luminose mai viste prima in Europa... Questo è il “campo di gioco” in cui Marco ha deciso di scendere, questa è la cena speciale che sa imbandire in due ore e in cui tutto è sapientemente dosato.


Foto di Germano Pozzati
La scaletta si apre alla grande con Guerriero, e chi era venuto per ascoltare la sua hit del periodo è subito accontentato. Seguono Non Me Ne Accorgo e Se Sei Come Sei portando subito il tachimetro a forte velocità, sfrecciando con Pronto a Correre su un rettilineo pieno di sole, con le palme a destra e l'oceano a sinistra. Su Invincibile e Mai e Per Sempre c'è una sosta romantica per ammirare il panorama, prima di ripartire a velocità di crociera con la new version di Dove si Vola, pop morbido e scorrevole in cui il Marco di oggi passeggia tranquillo e sorridente.

Un attimo di buio e ci troviamo in un altro tempo e in tutto un altro spazio emotivo. Mengoni canta un brano in spagnolo con un accompagnamento di chitarra acustica e fiati che ci proietta in Messico. È la sconvolgente Llorona di Chavela Vargas, in versione breve ma “picante y sabrosa” da far ammutolire un palazzetto stracolmo.
Qui non c'è trucco e non c'è inganno. Il silenzio del pubblico è un foglio bianco su cui la mano del maestro, con tratti sottili e veloci come coltellate, crea un disegno che si attacca al cuore in modo indelebile per non togliersi mai più.



Improvvisamente, il bianco e nero si colora del rosso degli schermi. Torniamo alla nostra epoca con una versione di Solo scandita dal martellare della batteria, come camminata di un condannato a morte.
Marco, poi, ci tira fuori da questo turbine emotivo con una Valle dei Re liberatoria e illuminata di verde acido. Siamo di nuovo a pieni giri e si fila via su Ed è Per Questo e Bellissimo, in cui regna di nuovo la fantasia multicolore.

Dalla curva spunta un nuovo panorama ed è giusto fermarsi per assaporare il medley tra 20 Sigarette e Natale Senza Regali, lì dove la band sfoggia un suono curatissimo e pieno di accenni a quel maestro di glamour musicale che è stato Burt Bacharach.
I motori rombano di nuovo, l'oceano risplende e si va a tutta birra con Come Un Attimo Fa.

Una rampa, una curva improvvisa e con I got the fear siamo al funky jazz più esplosivo, col basso e la batteria che pulsano nelle vene come non mai. Chitarre elastiche e fiati danzanti. Tastiere sornione e stop improvvisi in cui lo strumento-voce dardeggia come una fiamma nel buio.


Non si può correre sempre, e anche il Nostro rallenta, recuperando la dimensione della tenerezza su Non passerai, sempre amatissima dal pubblico e illuminata da migliaia di accendini digitali.

Siamo a tre quarti del concerto e se c'è qualcosa di importante da dire è meglio farlo adesso, prima di entrare nel rettilineo finale.
Mentre un testo registrato dall'artista introduce Esseri Umani, il brano più socialmente impegnato della sua produzione, Mengoni appare tranquillamente seduto in poltrona a svariati metri di altezza, al centro di un surreale salotto che presto svanisce per lasciarlo circondato dalle parole che ha scelto. Parole importanti, primordiali, che diventano sempre più grandi fino ad esplodere in una grandine di note.
Il pubblico è compatto nel suo canto e sembrano tornati i tempi in cui le canzoni erano cose dense che  invece di far “passare il tempo” lo inondavano di significato.



Dopo serve la dolcezza di La Neve Prima che Cada per riprendere fiato.

Le sorprese in questo live non danno tregua. Grazie ad un ricordo d'infanzia, di Marco che viaggiava in macchina coi suoi genitori, sul vidiwall si forma l'immagine di un videogioco ormai vintage come Tetris o Super Mario. Mentre il pubblico viene coinvolto attraverso il cellulare a partecipare a questa simpatica epifania, la band ne esegue la musichetta dal vivo. Chicca deliziosa per chi non smette di ascoltare, e divertissement per i brillanti musicisti.

Il sole sta tramontando in questo viaggio molto americano su una fuoriserie tutta italiana. Possiamo fermarci? Certamente no. La notte serve per divertirsi.


Tastiere a go-go, sfondi geometrici che cambiano a ritmo, un frontman biancovestito, un po' David Bowie e un po' David  Byrne quando negli anni '80 tornarono in Europa a dirci che la dance music poteva essere anche molto cool, fashion, insomma: roba da grandi.
Mengoni lo fa con un altro suo hit degli esordi, Stanco, ironico e divertente mentre tra una mossa e l'altra sbuca un assolo di sax.
Sembra che la festa continui con Una Parola e tutti sono pronti a ballare quando il brano viene stravolto da una ritmica sincopatissima e sofisticata in cui fiati e la sezione ritmica creano continui momenti di sospensione e Marco canta il testo in un tempo che è la metà dell'originale.



Ma si deve ballare o ascoltare? Si può fare l'uno e l'altro. A quanto pare siamo in un nuovo territorio che Mengoni ha appena iniziato ad esplorare, una cosa tutta sua che potrebbe chiamarsi “disco jazz”.

A questo punto possiamo fermarci, sembra dire Marco.
Scendere dalla macchina e guardarci negli occhi.
Il musicista guadagna l'estremità della passerella ed è proprio in mezzo al pubblico. Luce semplice. Non serve altro per cantare insieme L'Essenziale.

Un primo bis sempre occhi negli occhi con In Un Giorno Qualunque e poi a briglia sciolta con Io Ti Aspetto, quando grandi e morbidi palloni vengono lanciati sul pubblico. Un saluto festoso , un “arrivederci” gridato con gioia mentre la seconda parte del progetto è già “in forno” e manda un profumo allettante.

Il successo di Marco Mengoni ha un sapore diverso da quello di molti altri artisti italiani degli ultimi decenni. Ha radici in quel “mangianastri di ultima generazione” che cita nel monologo che precede la parte del videogioco. Marco è cresciuto cantando, e quello che si canta in macchina da piccoli, per far passare il tempo e contrastare la nausea, non passerà mai più. Quindi – come ha raccontato in molte occasioni – Mina, i Beatles, Battisti, De Gregori, De André, Gabriella Ferri e molti altri – le canzoni “vere”, che andavano cantate dall'inizio alla fine senza sbagliare una parola e con tutti gli effetti musicali, dal “bom bom bom” di Yesterday al “nainanananana” de I Giardini di Marzo. La melodia con tutte le sue mille interpretazioni, ma anche l'armonia dei cori e delle variazioni.


Frequentando gli stage di jazz da adolescente ha scoperto un mondo nuovo, affascinante, che apriva nuove prospettive. La voce come strumento vero e proprio che non solo poteva veicolare una melodia o fare dei virtuosismi, ma anche creare tessiture, richiamare atmosfere di altri tempi, fondersi col suono di altri strumenti.


C'è voluto del tempo perché la volontà di esplorare tanti e diversi modi di fare musica portasse Marco a cucirsi addosso un concerto su misura.
Coadiuvato da Gianluca Ballarin, col quale Mengoni sembra aver trovato un equilibrio molto produttivo, dal suo gruppo storico (Giovanni Pallotti al basso, Davide Sollazzi alla batteria e Peter Cornacchia alle chitarre) e dagli altri brillanti musicisti, l'artista sta osando portare il pubblico ad apprezzare tipi di musica che sicuramente nei palazzetti non erano mai stati ascoltati, tenendo sempre saldamente nelle sue mani le redini della sua straordinaria bravura.


Stay tuned! 


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