Andrea Rigonat.
«Il concerto agli Arcimboldi è rinnovato rispetto a quello dello scorso novembre al Forum, dove c'era troppa roba. Questo live è più minimale nella scenografia, ma più ricco di musica».
L'impronta "black" della giovane popstar di Ronciglione, che la comi ca Geppi Cucciari ha ribattezzato "le sopracciglia più belle della musica italiana", è accentuata dalla presenza nella band di sassofono, clarinetto e tromba.
«Una sezione fiati così corposa sprigiona un'energia più forte e coinvolgente. Assieme a Elisa e Rigonat abbiamo reinventato uno spettacolo in cui traspare la mia anima più r&b, soul e Motown».
Qual è il contributo di Elisa?
«Abbiamo semplicemente parlato molto e confrontato le nostre idee».
Il vostro rapporto artistico proseguirà in futuro?
«Io lo spero, ma già questa esperienza per me è preziosa e gratificante. Sono un fan di Elisa, che stimo molto, ma purtroppo abbiamo entrambi pochissimo tempo. Vorrei continuare a collaborare anche con Rigonat».
Nel "Re matto Tour" del 2010 si era affidato a Luca Tommassini, direttore artistico di "X Factor", che ora su Facebook le rimprovera di ignorare la vostra amicizia.
«Io non litigo con nessuno: la mia vita sta prendendo una direzione buddistica. Preferisco che questi fatti personali rimangano confinati nella sfera privata. Mi piace il rapporto umano, il confronto faccia a faccia, e non mi va di rispondere sul web, anche perché frequento poco i social network. Per me la vicenda si è già risolta in privato».
Assieme alle hit dei due dischi "Re matto" e "Solo 2.0", con il nuovo singolo "Dall'inferno" di sponibile su iTunes dal 24 aprile, nella prova generale di domenica scorsa ha cantato alcune cov er.
«Sì, "I Can't Help Falling In Love" di Elvis Presley, "Innuendo" dei Queen, "Nutbush City Limits" di Tina Turner, "Signed, Sealed, Delivered I'm Yours" di Stevie Wonder e "Sunny" di Bobby Hebb. Ho scelto brani che mi stimolano e sono onnivoro: dai Beatles ai Planet Funk, tutti con arrangiamenti più soul».
Interpreta anche " Rehab" in omaggio ad Amy Winehouse.
«È stata sottovalutata la grandezza di una voce secondo me immensa. Non voglio paragonarla a Billie Holiday, ma lei apparteneva a quella schiera di grandi artiste. Si è dato scarsa rilevanza a quello che ha fatto: poche produzioni, ma tutte arricchite dal suo incredibile talento».
Fra i ricordi più belli di Marco c'è la collaborazione con Lucio Dalla, che ammirava la personalità di Mengoni e dopo il duetto "Meri Luis" l'ha paragonato a Prince.
«Lucio Dalla era un vulcano in eruzione: conoscerlo e, anche se per poco, poter stare in studio con lui a lavorare, mi rende orgoglioso e fortunato. Mi ha trasmesso vitalità e amore per questo nostro mestiere, che spesso invece ti tormenta. Mi dispiace solo che in Italia non si facciano i tributi ai grandi della musica, ma che si aspetti quando non ci sono più e non possano godere il loro successo».
Lei scenderebbe a qualche compromesso per non perdere la popolarità e il successo di cui gode ora?
«Mai. Bisogna essere sempre se stessi. Non mi va di fare dischi con lo stampino o clonando una hit sentita in radio. Il mio è un percorso di ricerca e conoscenza che non voglio interrompere: cerco di incidere dischi di qualità, senza l'assillo della classifica».
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