Solo 2.0, il nuovo convincente Cd del vincitore di X Factor 2010
25/10/2011
Più ancora di Giusy Ferreri, Marco Mengoni, una volta uscito da X Factor, ha diviso il pubblico e soprattutto la critica fra ammiratori estasiati e detrattori accaniti, fra chi pensa che sia la nuova grande promessa della musica italiana e chi l’ennesimo prodotto costruito a tavolino dalla Tv. Proprio ai suoi detrattori, il cantautore lucano ha dedicato un brano del suo ultimo disco, “Come ti senti”, in cui inanella una serie di frasi più o meno stupide che si è sentito rivolgere (la più notevole: “Se vieni da un talent, non puoi avere ideali”), seguite da alcune delle domande più banali ascoltate nelle interviste: «Dove vivresti, a Londra o a Parigi? E ti vedi ancora con i tuoi vecchi amici? Sei possessivo, ti sei mai drogato? C’è qualche oscuro segreto nel tuo passato?».
Troppo presuntuoso da parte di uno che fino a due anni fa era un perfetto sconosciuto? Forse, ma di sicuro Marco Mengoni non è un bluff. Il ragazzo la stoffa ce l’ha, eccome. Poteva scegliere la strada più facile e farsi confezionare qualche bel motivetto orecchiabile e adornarlo con la sua voce esplosiva. Invece nel suo secondo album “Solo 2.0”, ha mostrato di avere una buona dose di coraggio. Le canzoni, scritte tutte da lui e dal suo gruppo di collaboratori a cui si aggiungono in un paio di episodi Dente e Neffa, tanto nei testi che nelle musiche, sfuggono alla banalità imperante in buona parte del pop italiano di oggi. I testi parlano spesso d’amore, ma con un’inquietudine e una capacità introspettiva molto originale, mentre le musiche evitano soluzioni facili per proporre un pop rock di ottimo livello.
Prendiamo per esempio “Un gioco sporco”: dopo un inizio swingante in cui la voce di Mengoni si confonde con quelle degli amici Cluster, anche loro usciti da X Factor, la canzone improvvisamente si trasforma in un rock trascinante. Belle anche le due ballads cantate in inglese, “Searching” e “Tonight” in cui Mengoni, come in quasi tutto il resto del disco, evita i virtuosismi fini a se stessi per concentrarsi sull’intensità dell’interpretazione. Come il precedente disco, anche questo “Solo 2.0” appena uscito è finito subito al primo posto in classifica. Bisogna vedere come reggerà alla prova del tempo, ma al momento Mengoni la sua scommessa l’ha vinta.
Troppo presuntuoso da parte di uno che fino a due anni fa era un perfetto sconosciuto? Forse, ma di sicuro Marco Mengoni non è un bluff. Il ragazzo la stoffa ce l’ha, eccome. Poteva scegliere la strada più facile e farsi confezionare qualche bel motivetto orecchiabile e adornarlo con la sua voce esplosiva. Invece nel suo secondo album “Solo 2.0”, ha mostrato di avere una buona dose di coraggio. Le canzoni, scritte tutte da lui e dal suo gruppo di collaboratori a cui si aggiungono in un paio di episodi Dente e Neffa, tanto nei testi che nelle musiche, sfuggono alla banalità imperante in buona parte del pop italiano di oggi. I testi parlano spesso d’amore, ma con un’inquietudine e una capacità introspettiva molto originale, mentre le musiche evitano soluzioni facili per proporre un pop rock di ottimo livello.
Prendiamo per esempio “Un gioco sporco”: dopo un inizio swingante in cui la voce di Mengoni si confonde con quelle degli amici Cluster, anche loro usciti da X Factor, la canzone improvvisamente si trasforma in un rock trascinante. Belle anche le due ballads cantate in inglese, “Searching” e “Tonight” in cui Mengoni, come in quasi tutto il resto del disco, evita i virtuosismi fini a se stessi per concentrarsi sull’intensità dell’interpretazione. Come il precedente disco, anche questo “Solo 2.0” appena uscito è finito subito al primo posto in classifica. Bisogna vedere come reggerà alla prova del tempo, ma al momento Mengoni la sua scommessa l’ha vinta.
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