di M LaMarghe Laurenti
Alla fine resta lei a brillare sulle antiche pietre, appena velata da nuvole di passaggio. Piena, che muove il sangue e allunga le maree.
Sembra tornata a riprendersi il Guerriero che aveva accompagnato sulla Terra giusto un mese prima, allora appena calante, con la promessa di aprirgli nuovi territori e illuminare altri orizzonti per il suo cammino. Non prima, però, che il Guerriero abbia salutato chi crede in lui, promettendo di non abbandonarlo mai e vegliare sul suo destino.
Non si può che iniziare da questa immagine finale della prima parte del MengoniLive2016, tanta è la
potenza evocativa che questo show ha raggiunto.Un susseguirsi di sold-out dalle Alpi all'Etna, recensioni stellari, pubblico di ogni età entusiasta, supporto tecnico e logistico di prima categoria sono le caratteristiche di uno spettacolo che centra ogni suo obbiettivo.
Quando Marco Mengoni, dopo la suggestiva Ti Ho Voluto Bene Veramente (che introduce subito il tema del viaggio) apre il dialogo salutando il pubblico e ringraziandolo per aver scelto di passare la serata con
lui, si attua subito quella straordinaria empatia che è una delle
caratteristiche speciali dell'artista.
La prima parte (dal vivo) della seconda
parte (del lavoro in studio) a conclusione di un album doppio, ma
separato da quasi un anno nelle sue uscite. Lo spettacolo
“definitivo”, ma già pieno di premesse (e promesse) per il
futuro. E ancora, la title track del primo disco appare però nel
secondo, mentre quella del secondo (per ora) non è in scaletta...
tutto si realizza con fluidità, in modo circolare e sincronico nel
mondo musicale di Mengoni, artista che come pochi altri ha trovato la
strada giusta per rendere il pubblico testimone di un continuo
processo creativo.
Sappiamo dalle interviste che il
debutto di questo Live è stato segnato da mille idee e ripensamenti
del suo protagonista, sia in campo musicale (e il bravissimo Gianluca
Ballarin viene abbondantemente ringraziato per la sua pazienza oltre
che per la sua professionalità) che scenografico: una produzione ai
massimi livelli sia per la tecnologia degli schermi danzanti e
cangianti, che per la complessa logistica delle macchine di scena.
Su una cosa Mengoni non transige (si fa
per dire, data la meticolosità dei suoi interventi in tutti gli
aspetti dello spettacolo): il contatto diretto e più “umano”
possibile con il pubblico. Questo è per lui un fattore fondamentale
non solo per la riuscita del concerto, ma proprio per il senso
interiore del suo stare sul palcoscenico.
Che siano megapalazzetti (come Assago,
Torino o Roma), strutture di grandezza intermedia o tascabile, come
quello di Perugia, Marco vuole e riesce a guardare le persone in
faccia e, anche solo per un istante, essere parte della loro storia.
Ecco perché anche in cima alla più ripida tribuna c'è un signore
che batte il tempo, o in fondo al parterre c'è un bambino che balla
scatenato. Il coinvolgimento del pubblico è totale: si canta, si
partecipa alle coreografie luminose grazie alla app dell'artista, si
agitano cartelli e bandiere. Non si assiste, si fa.
Quando poi per le ultime due date si
approda all'Arena di Verona, luogo mitico e mistico per la Musica -
senza altre etichette-, la voglia di Mengoni di darsi, di esserci
proprio per tutti è tale da provocare fuochi d'artificio di energia
emotiva, sorrisi e lacrime intensi come solo un grande Teatro può
ispirare.
Una menzione speciale in tutto questo
merita l'eccellente controllo del suono da parte di Alberto
Butturini: non c'è stata data in cui non si sentisse meno che bene e
in cui ogni sfumatura tonale non venisse esaltata. Se gli assoli tesi
di Alessandro De Crescenzo (chitarra rock) arrivavano diretti e
“spianati” con la giusta grinta ma senza sbavature, e gli arpeggi
delicati o le invenzioni jazzate di Peter Cornacchia (chitarre
acustiche e quant'altro) avevano rotondità ed eleganza, era per
merito suo.
Se i due compari alla ritmica (Giovanni
Pallotti al basso e Davide Sollazzi alla batteria, sperimentale l'uno
e solido l'altro) potevano interagire nel modo migliore, e se la
brillantezza dei fiati - Francesco Minutello, tromba; Federico
Pierantoni, trombone; Mattia dalla Pozza, sax - inizialmente più
discreti e disciplinati e poi via via nel tour sempre più
protagonisti, se la geniale architettura delle tastiere di Ballarin e
le tessiture eleganti delle vocalist Barbara Comi e Yvonne Park
potevano arrivare al pubblico con calore e nitidezza, lo dobbiamo
alla magia del suo mixer.
Tutto importante, tutto “essenziale”
per dare a Marco Mengoni la possibilità di fare del “suo”
concerto un mondo a parte, un paio d'ore in cui “gli sbagli del
mondo” restano lontani, non ignorati, ma immobilizzati dalla
“gentilezza” che l'artista di Ronciglione invita ad usare sempre
di più nella vita di tutti i giorni.
Gentilezza, eleganza... quante parole
“antiche” evoca con il suo modo di essere artista! Proviamo ad
usarne una ancora più antica: “signorilità”. Che non significa
solo gusto e raffinatezza, ma un modo di essere insieme spontaneo e
sempre attento ai particolari.
E quante cose attuali troviamo invece
nel suo modo di fare musica! Quella capacità di prendere una certa
strada e poi voltare l'angolo improvvisamente, la voglia di
contaminare suoni e atmosfere, il desiderio di far germogliare la
curiosità per qualcosa di nuovo nell'ascoltatore. Sembra dire a
tutti, indistintamente: “Guarda, questo pezzo si può cantare così,
ma anche così e poi così”.
Mengoni fa crescere il suo pubblico
insieme con lui, lo rende partecipe delle sue scoperte e lo rende
complice mai passivo dei suoi entusiasmi.
Il dominio del suo mezzo vocale è assoluto e gli permette di dare ad ogni nota l'esatta sfumatura che lui desidera. Che siano acuti potenti o tenui sussuri, non c'è nulla che non esprima la sua volontà in quell'esatto momento. Inoltre, in linea con il tema del suo ultimo lavoro, si avverte la cura con cui le parole vengono cesellate. Il testo è una nuova forma di suono con cui Marco gioca e si misura, scolpendo in modo ancora più netto ogni emozione in esso racchiusa.
Suono, accordo, testo, arrangiamento:
nulla è considerato minore, tutto ha un ruolo di primo piano per
lui.
Il risultato è sotto gli occhi di
tutti: chi si accosta a Marco dal vivo per la prima volta non vede
l'ora di tornare ad un suo concerto, a chi lo amava da prima non
resta che ampliare la collezione di biglietti.
Il MengoniLive2016 appena terminato sta
già cambiando pelle per girare in Europa. Ogni volta sarà una
sorpresa, ogni concerto un nuovo momento di emozione per l'artista ed
il suo pubblico.
Ma abbiamo lasciato la luna in attesa
del Guerriero, che alla fine dell'ultimo concerto, durante il bis, si
concede di scivolare in un piccolo guizzo di improvvisazioni, una
capriola nel suo oceano primordiale, un sorriso di musica nella
notte, prima di riprendere la sua strada.